La pietà è una cosa maledettamente seria.
E’ quello che distingue gli uomini dagli animali, mi verrebbe da scrivere: oppure, senza infognarmi nel dibattito specista, che distingue gli esseri umani, e basta.
Voglio dire: siamo uomini (anche, e forse soprattutto) in quanto capaci di provare pietà e compassione.
Ecco, a me pare di assistere, in questi giorni, allo spettacolo della pietà e della compassione ridotte a strumenti per dimostrare convincimenti istintivi e traballanti, colpevolmente poveri di conoscenza e pieni zeppi di un sentimento tanto precostituito da non meritare neppure il salto di qualità che dal semplice fastidio conduce all’odio.
Smettetela, per favore.
Smettete con questa ottusa galleria multimediale di “guardate cosa fanno”, spiattellata in modo indecente come un continuo schizzo di merda al solo scopo di affermare un’appartenenza così astratta da avere valore soltanto per voi stessi: come un paio di scarpe, una pettinatura, la sciarpa di una squadra di calcio.
Non fate questo, della compassione. Non trasformatela in vanità. E’ una cosa che fa tristezza, paura, schifo.
Abbiatene cura, piuttosto. Abbiate cura del fatto di riuscire a provarla. E nel frattempo, magari, fatene qualcosa. Studiate. Pensate un po’ di più a capire e un po’ meno a disegnare voi stessi come vi pare di venire meglio.
Restate umani sul serio, perdio, oltre che scriverlo.
↧
Quando la compassione diventa vanità
↧